Sana Seif
nata nel 1993, è un'attivista e regista.

È stata condannata a un anno e mezzo di prigione in merito al caso 12499 del 2020, in cui era accusata d'istigazione a disordini e di aver insultato un dipendente pubblico.

Nel 2013 prende parte al film Al-Maidan, che racconta i dettagli e gli episodi più importanti delle proteste di piazza Tahrir dal 2011 al 2013. Un film che ha vinto il premio come miglior documentario al Toronto Film Festival e ha anche ricevuto una nomina all'Oscar.

Sanaa viene arrestata nel 2014 mentre partecipa a varie proteste contro la legge sulle proteste e condannata a due anni di carcere. Nel 2015 è stata rilasciata dopo che ha ricevuto la “grazia presidenziale” e ha continuato le sue attività di denuncia e informazione, documentando le condizioni carcerarie e supportando suo fratello, l'attivista detenuto Alaa Abdel Fattah.

A causa della sua attività di monitoraggio delle condizioni carcerarie dei detenuti è stata picchiata davanti alla prigione di Tora 2 mentre supportava la madre che chiedeva di poter ricevere una lettera da suo figlio, dopo che non hanno ricevuto più notizie a causa della situazione causata della pandemia.

Sanaa è stata rapita davanti all'ufficio del procuratore generale da agenti della National Security Investigation Agency in borghese, mentre si trovava in procura per presentare una denuncia di quanto le è accaduto. È stata arrestata e accusata di aver pubblicato notizie false nel caso n. 12499 del 2020.

Il 17 marzo 2021, Sanaa è stata condannata a un anno e mezzo di prigione, sebbene la Procura per la sicurezza dello Stato o la National Security Investigation Agency non abbiano fornito alcuna prova materiale per dimostrare la validità delle accuse contro di lei.

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