Dodici attivisti egiziani sono in sciopero della fame dall'inizio di febbraio 2022 per protestare contro la loro prolungata detenzione preventiva nel complesso carcerario di Tora. Tra loro, ricordiamo Abdelrahman Tarek (Moka), Ahmed Maher (Rigo), Galal El Beheriy e Walid Shawky , che hanno dato inizio allo sciopero della fame per protestare contro la loro detenzione illegale. L'8 marzo, Walid Shawky ha interrotto il proprio sciopero della fame. La loro salute è tuttora a rischio, e le loro condizioni fisiche si sono deteriorate ulteriormente a causa del digiuno prolungato e delle condizioni inumane in cui sono detenuti.
Le organizzazioni firmatarie chiedono alle autorità egiziane di rilasciare immediatamente e incondizionatamente gli individui qui riportati, così come tutte le altre persone attualmente detenute per aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libera espressione.
Ahmed Maher (Rigo) è in detenzione preventiva da maggio 2020 con l'accusa di aver aderito a un gruppo terroristico, di aver pubblicato notizie false e di aver fatto un uso improprio dei social media. Nonostante ad ottobre 2020 fosse stato emesso un ordine di rilascio, per mancanza di prove contro di lui nel procedimento che lo vedeva imputato (il caso n. 586/2020), la Procura Suprema per la Sicurezza di Stato lo ha incriminato una seconda volta, con i medesimi capi d’accusa, ordinando una nuova custodia preventiva. Questo secondo procedimento penale contro di lui è il caso n. 885/2020.
Abdelrahman Tarek (Moka) ha scontato una pena detentiva di tre anni ed in seguito un periodo in libertà vigilata per aver partecipato nell’agosto 2013 a una manifestazione di protesta contro i processi ai civili nei tribunali militari. È stato nuovamente arrestato nel settembre 2019 con l'accusa di aver aderito a un gruppo terroristico, e da allora è detenuto in carcere in attesa di processo. Nel marzo 2020, il tribunale ha ordinato il suo rilascio con la volontà di sottoporlo a misure di libertà vigilata alternative alla detenzione. Tuttavia, nell'aprile 2020, è stato incriminato in un nuovo procedimento penale con le stesse accuse del primo caso. Nel settembre 2020, il tribunale penale ha emesso un nuovo ordine di rilascio, che tuttavia non è mai stato eseguito. In seguito è stato sottoposto a sparizione forzata per oltre 60 giorni, quando è stato incriminato in un terzo caso, il n. 1056/2020. Alla fine dell’anno 2020, ha iniziato uno sciopero della fame durato 53 giorni per protestare contro la sua prolungata detenzione in attesa di processo. Ha concluso lo sciopero il 4 febbraio 2021 a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute e delle pressioni esercitate dalle autorità carcerarie.
Galal El Beheriy è stato arrestato il 3 marzo 2018 ed è stato sottoposto a sparizione forzata per una settimana prima di essere portato presso gli uffici della Procura, dove è stato incriminato con le accuse di affiliazione a un’entità terroristica, diffusione di notizie false, abuso di reti di social media, blasfemia, disprezzo della religione e insulto all'esercito. Durante il periodo in cui era detenuto in una località segreta è stato sottoposto a torture e pestaggi. Il 31 luglio 2018, è stato condannato a tre anni di prigione e al pagamento di una multa di 10.000 sterline egiziane per una sua poesia, giudicata rea di insultare i militari e diffondere notizie false.
Le forze di sicurezza hanno arrestato il dottor Walid Shawky presso la sua clinica al Cairo il 14 ottobre 2018. In seguito, è stato sottoposto a sparizione forzata per sei giorni. Il dottor Shawky è infine stato portato presso la Procura per la sicurezza dello Stato e arrestato con le accuse di far parte di un gruppo terroristico e di aver pubblicato notizie false. Il procedimento in cui è imputato è il n. 621/2018. Nell'agosto 2020, la Corte penale ha emesso un ordine di rilascio per mancanza di prove contro di lui in relazione al caso. Poco tempo dopo, tuttavia, la Procura Suprema per la Sicurezza di Stato ha successivamente ordinato una nuova custodia cautelare per Walid Shawky a seguito dell’incriminazione in un nuovo caso, il n. 880/2020, nel quale è accusato dei medesimi capi d’imputazione.
Il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria ha evidenziato evidenziato "un problema sistematico di detenzione arbitraria in Egitto", aggiungendo che "in determinate circostanze, la detenzione ingiustificata o prolungata, ed altre gravi privazioni della libertà personale violano apertamente le disposizioni del diritto internazionale in materia di diritti umani e potrebbero costituire crimini contro l'umanità."
Decine di migliaia di individui sono attualmente detenuti in maniera arbitraria in Egitto, tra i quali figurano numerose e numerosi attivisti, figure politiche, giornalisti, studenti, avvocati, personale di organizzazioni della società civile, difensori e difensore dei diritti umani (HRD), familiari di dissidenti politici e attivisti/e che vivono e lavorano all’estero, influencer (soprattutto donne), e numerosi individui rei di aver espresso critiche alle condizioni politiche, economiche o sociali del Paese. Riportiamo di seguito i nomi di detenute e detenuti in condizioni arbitrarie. Alcuni di loro sono già stati condannati, mentre la maggior parte è in detenzione preventiva:
Gli inviati speciali delle Nazioni Unite hanno sollevato gravi preoccupazioni per le condizioni disumane delle carceri del Paese, con particolare riferimento al diniego delle visite familiari e ai colloqui con il/la proprio/a rappresentante legale, e l'inadeguatezza dell’assistenza medica che ha causato o contribuito a numerose morti in custodia. Le Nazioni Unite hanno esortato l'Egitto ad "affrontare tempestivamente le condizioni in cui versano gli istituti carcerari e a mettere fine a quelle che sembrano essere pratiche profondamente radicate di violazione dei diritti fondamentali alla vita, a non essere sottoposte a detenzione arbitraria, a torture o maltrattamenti, nonché il diritto a un giusto processo e a un'assistenza medica adeguata". Particolare attenzione meritano le condizioni delle donne detenute, che subiscono torture e violenze basate sul genere ad opera delle autorità carcerarie nella totale impunità. Le procedure speciali delle Nazioni Unite e il Comitato CEDAW hanno sollevato preoccupazioni per la mancanza di misure che soddisfino le esigenze delle donne detenute, come la mancanza di servizi e prodotti igienici, la mancanza di meccanismi di ricorso per le vittime di violenza basata sul genere e sessuale, la mancanza di assistenza sanitaria e le condizioni antigieniche nelle prigioni, e l'uso di perquisizioni invasive o misure di isolamento prolungato utilizzate come punizione.
Il 12 marzo 2021, presso il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, 31 Stati hanno esortato l'Egitto a porre fine alla persecuzione di attivisti/e, giornalisti/e e oppositori politici/e; hanno esortato l'Egitto di rilasciarli senza condizioni e hanno esortato il Paese a porre fine alla "pratica di riciclare le accuse contro gli imputati per prolungarne la detenzione all’avvicinarsi del limite legale per la custodia preventiva " (rotazione o tadweer). Un anno dopo, l'Egitto non ha dato risposta a questo appello.
Come organizzazioni e realtà della società civile, esortiamo l'Egitto a:
Esortiamo inoltre gli Stati e la società civile internazionale a essere solidali con tutti gli individui arbitrariamente detenuti in Egitto.
Esortiamo l'Egitto a rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutte le persone detenute per reati d’opinione o per il loro lavoro in difesa dei diritti umani, e a fornire loro un risarcimento completo e adeguato per la privazione arbitraria della loro libertà e gli altri danni subiti.
Firmatari: