Bruxelles, 28 giugno 2023 - Le organizzazioni firmatarie denunciano il ruolo dei materiali d’armamento prodotti nel territorio dell’Unione europea nella repressione interna e nelle violazioni dei diritti umani in Egitto. Chiediamo alle istituzioni UE competenti di aderire alla presente richiesta di trasparenza, nonché di interrompere tutti i trasferimenti di armi all'Egitto rivolta a tutti gli Stati membri dell'UE, in linea con il criterio n. 2.2 della Posizione comune 2008/944/PESC.
L'uso improprio di armi da parte di attori statali, compreso il loro utilizzo per commettere violazioni dei diritti umani, è riconosciuto dalle Nazioni Unite come una violazione dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale. Nell'ultimo decennio, l'uso improprio di armi pesanti e leggere da parte delle forze di sicurezza e delle forze armate e della polizia egiziane è stato costantemente documentato nel contesto di episodi di repressione interna, brutalità della polizia, tortura ed esecuzioni extragiudiziali.
Nel 2013, all'indomani del massacro di Rabaa Al-Adawiya e Al Nahda, il Consiglio dell'Unione europea ha emesso delle conclusioni sullo stato dei diritti umani in Egitto attraverso le quali gli Stati membri concordavano all'unanimità di sospendere l'esportazione verso l'Egitto di qualsiasi materiale che potesse essere utilizzato a fini di repressione interna.
La pertinenza di tale disposizione è dimostrata dal fatto che i massacri di Al Nahda e Rabaa Al-Adawiya del 14 agosto 2013, in cui più di mille manifestanti disarmati hanno perso la vita per mano delle forze di sicurezza egiziane, sono stati commessi anche con l'uso di veicoli blindati Sherpa, forniti dalla Francia, di CZ Scorpion Evo, di produzione ceca, e di fucili italiani Beretta 70/90.
Nonostante questo significativo sviluppo, numerosi Stati membri, tra cui Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Ungheria, Italia, Polonia, Romania, Slovacchia e Spagna, hanno ignorato la sospensione prevista dalle Conclusioni del 2013 e hanno continuato (o prontamente ripreso) il trasferimento di materiale bellico e tecnologie di sorveglianza all'Egitto.
Un rapporto pubblicato da EgyptWide nel 2023 - quasi dieci anni dopo le Conclusioni del Consiglio UE - ha trovato prove consistenti dell'uso di armi leggere e di piccolo calibro prodotte in Italia ed esportate in Egitto in violazioni dei diritti umani commesse da attori statali.
L'erosione dei principi di proporzionalità e responsabilità nell'uso della forza è stata progressivamente sancita all’interno del quadro normativo varato in Egitto negli ultimi decenni, e sotto la presidenza di El Sisi. Al contempo, la liberalizzazione dell'uso di armi da fuoco e veicoli blindati nelle operazioni di pattuglia e nella gestione delle proteste è stata alimentata dalla proliferazione di materiali d’armamento importati nel Paese.
La crescente disponibilità di sistemi di armamento (comprese le tecnologie di sorveglianza, militari e dual use) e il loro uso scellerato rappresentano una minaccia ai diritti fondamentali alla vita, alla libertà dalla tortura, alla libertà di riunione e di espressione per tutte le persone che vivono in Egitto, oltre a contribuire a mettere a repentaglio la pace e la sicurezza nella regione
Gli Stati membri dell'UE che negli ultimi anni hanno esportato in Egitto armi e tecnologie di sorveglianza, comprese quelle a doppio uso, non devono eludere le proprie responsabilità per l'uso di tali materiali in gravi violazioni dei diritti umani.
Gli indirizzi politici sanciti dal Trattato sul Commercio delle Armi (2013) e dalla Posizione comune 2008/944/PESC riconoscono esplicitamente il nesso tra la proliferazione delle armi e il deterioramento della pace, della sicurezza umana e dei diritti umani. Entrambi contengono disposizioni per regolamentare il commercio internazionale e il trasferimento di armi che subordinano tali attività alla responsabilità degli Stati esportatori di sostenere e proteggere i diritti umani e la pace a livello internazionale. Al contrario, contengono disposizioni che vietano la fornitura di materiale bellico ai Paesi in cui esiste il rischio che tale materiale possa essere utilizzato per la repressione interna, la violazione dei diritti umani o gravi violazioni della Convenzione di Ginevra del 1949.
La vendita e il trasferimento, tutt’ora in corso, di sistemi di armamento dai Paesi UE all'Egitto, facilitano l'uso letale e sproporzionato della forza contro i civili, gli arresti arbitrari (con l'incarcerazione di decine di migliaia di persone per motivi d’opinione tra il 2013 e il 2019), le esecuzioni extragiudiziali, le centinaia di sparizioni forzate e l'uso sistematico della tortura. Armi prodotte in territorio UE, tra cui armi leggere e di piccolo calibro, veicoli blindati, gas lacrimogeni, manganelli e tecnologie di sorveglianza, sono state ripetutamente utilizzate nelle violazioni dei diritti umani in Egitto, come documentato dalle organizzazioni della società civile EgyptWide, Fronte egiziano per i diritti umani e Fédération Internationale pour les Droits Humains. Anche Human Rights Watch e Amnesty International hanno espresso preoccupazione per il rischio che le armi esportate dagli Stati membri dell'UE possano alimentare le violazioni dei diritti umani.
Alla luce delle prove presentate e delle importanti denunce presentate dagli organi competenti dell'UE e delle Nazioni Unite, il ruolo degli Stati membri dell'UE come fornitori di materiale per la repressione interna in Egitto è innegabile, e contravviene agli impegni dell'UE in materia di sostegno alla democrazia e ai diritti umani nelle sue relazioni con gli altri Paesi. Tali impegni chiamano infatti tutti i Paesi e le istituzioni UE ad agire per la protezione dei diritti umani in Egitto attraverso la regolamentazione dei trasferimenti e delle vendite internazionali di armi, in conformità con i principi fondanti dell'Unione, come previsto dal Trattato sull'Unione europea (TUE).
Le organizzazioni firmatarie chiedono:
Organizzazioni firmatarie: