Il 5 novembre 2024, l’ l’European Peace Facility (EPF)ha annunciato l’adozione di un provvedimento da parte del Consiglio UE (con Decisione CFSP 2024/2843) per la concessione di un pacchetto di assistenza da 20 milioni di euro alle Forze Armate Egiziane (FAE).  

Questa misura straordinaria, si legge nel comunicato diffuso dall’EPF e nell’Art.1(2) della Decisione, intende "contribuire al rafforzamento delle capacità delle FAE per aumentare la sicurezza nazionale e la stabilità dell’Egitto, nonché la protezione delle e dei civili. Questa misura di assistenza è tesa al miglioramento delle capacità delle FAE nell’esercizio di un controllo territoriale, ovvero a migliorarne l’abilità di risposta davanti a minacce alla sicurezza in tutto il territorio dell’Egitto, con particolare riguardo alla regione occidentale".

Il comunicato specifica inoltre che il provvedimento, pur rappresentando un intervento ad hoc, si inserisce nel quadro del Partenariato strategico e globale UE-Egitto annunciato il 17 marzo, e "dimostra l’importanza attribuita dall’Unione europea al Partenariato."

Quali armi riceverà l’Egitto, e chi le produce?

Il testo della Decisione CFSP 2024/2843 è più esplicito circa i contenuti dell’assistenza alle FAE, specificando che il contributo da 20 milioni di euro è destinato a coprire “forniture e servizi anche di addestramento”, su richiesta delle stesse FAE, pur specificando che i materiali acquistabili per mezzo del finanziamento saranno solo quelli classificati come “non letali”, tra cui veicoli corazzati leggeri e droni (UAV) di classe I, radar mobili di terra per attività di pattugliamento, e dispositivi per l’aumento della visibilità notturna (Art.1(3)). 

È interessante notare che il Consiglio ha designato uno specifico produttore di armamenti per le forniture che saranno coperte dal pacchetto di assistenza annunciato il 5 novembre: il gruppo francese DCI, al quale l’EPF ricorre spesso per la fornitura di materiali d’arma a Paesi terzi (tra i più recenti, ricordiamo Giordania, Costa d'Avorio e Somalia).

DPI vanta rapporti solidi con l’Egitto: nel 2023 ha fornito alla marina egiziana tre navi per le operazioni di ricerca e soccorso (SAR), in collaborazione con Civipol e Couach, nell’ambito di un programma di cooperazione in materia migratoria che prevedeva anche la messa a disposizione di corsi di addestramento e altre risorse per un valore di oltre 12 milioni di euro provenienti da fondi UE alle forze egiziane e degli altri Paesi beneficiari dell’iniziativa. Il gruppo sembrerebbe aver consolidato i rapporti con le FAE almeno dal 2016, quando ha fornito un programma di addestramento per una nave FREMM acquistata dalla marina egiziana.  

Sostenere i militari “dimostra l’importanza che l’UE attribuisce al Partenariato con l’Egitto”

Mentre non conosciamo le tempistiche previste per l’erogazione del pacchetto di assistenza alle FAE, sappiamo che una prima tranche del contributo di macro assistenza finanziaria da 7.4 miliardi di euro previsto dal Partenariato Strategico e Globale sarà versata nell’arco dei prossimi mesi.  

Abbiamo già sostenuto che, per come è stato strutturato e proposto, il Partenariato Strategico e Comprensivo UE-Egitto rappresenti un’ulteriore involuzione antidemocratica e non in linea con i principi di trasparenza e rispetto per i diritti umani nella cooperazione tra UE ed Egitto. L’accordo si configura come un intervento di salvataggio dell’economia egiziana (bailout) nel quale manca una strategia politica di sostenibilità di medio e lungo periodo, e nel quale gli elementi poco chiari abbondano: pensiamo alle irregolarità procedurali che hanno portato alla sua stipula, alla vaghezza dei termini in cui si parla di riforme istituzionali e sociali da promuovere parallelamente all’erogazione dell’assistenza finanziaria, alla mancanza di trasparenza circa la destinazione dei fondi in questione, e all’assenza di chiari parametri per la misura dei progressi rispetto ai diritti umani che l’Unione chiede al suo partner nel contesto dell’accordo, che normalmente sono previsti in questi casi.

Un accordo senza trasparenza

Sotto il profilo dei diritti umani, a nuova misura di assistenza varata dal Consiglio e promossa per tramite dell’EPF ci preoccupa ancora di più perché è destinata direttamente alle FAE , un apparato che opera notoriamente al di fuori di ogni criterio di legalità e proporzionalità sotto il vessillo della “guerra al terrore", come esemplificano le gravi violazioni dei diritti umani in Sinai, una regione dove lo stato di diritto e i diritti più basilari sono stati virtualmente sospesi con l’inizio della campagna di sicurezza presidenziale lanciata nel 2014.  

In che modo il Consiglio dell’Unione europea ha valutato che le stesse Forze Armate che hanno commesso per anni crimini quali la distruzione di infrastrutture civili e il trasferimento forzato di interi villaggi nel Nord del Sinai, sparizioni forzate e le esecuzioni extragiudiziali di oppositori e sospettati, saranno in grado di utilizzare le risorse messe loro a disposizione per “migliorare la sicurezza delle/i civili nelle operazioni di sicurezza”?  

Agli Artt.4,5,6, viene delineata la responsabilità delle FAE di utilizzare gli aiuti militari erogati nell’ambito del pacchetto del 5 novembre in conformità al diritto internazionale e alla normativa sui diritti umani, disponendo inoltre la possibilità di sospendere l’accordo in caso di violazioni degli obblighi di legge. La Decisione designa l’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri e le Politiche di Sicurezza quale responsabile nel vigilare sull’attuazione dell’accordo, e sulla conformità dell’operato delle FAE, nell’ambito dello stesso, al diritto internazionale umanitario e in materia di diritti umani. Mentre questi criteri sembrerebbero rappresentare una misura di tutela per la popolazione delle aree interessate dalle operazioni militari, è l’attuabilità dei parametri di monitoraggio a minare la loro efficacia: le FAE operano da anni in un regime di impunità garantito dall'assenza di controllo super partes e dall’avallo del governo. , mentre non è chiaro in quale modo l’Alto Rappresentante UE sarà in grado di monitorare la situazione sul campo nella regione del Deserto occidentale, dal momento che le politiche securitarie che circondano le “operazioni di sicurezza” del governo di el Sisi impediscono, per legge o nella prassi, l’accesso alle aree interessate a rappresentanti stranieri/e, giornalisti/e, e le organizzazioni della società civile.

Quali violazioni dei diritti umani potrebbero essere commesse dalle FAE nel Deserto occidentale?

La Decisione fa esplicitamente riferimento a operazioni di sicurezza vicino al confine libico-egiziano, un territorio situato sulla rotta migratoria che attraverso l’Egitto arriva in Libia. Lo stesso territorio è stato teatro di orrendi massacri di civili nel corso dell’Operazione SIRLIquando le forze armate egiziane si sono servite di intelligence francese per identificare “contrabbandieri”- molti/e dei quali sono risultati essere civili coinvolti nell’economia informale- nel deserto occidentale e ucciderle per mezzo di bombardamenti, un crimine sanzionato dal diritto umanitario per il quale nessuno ad oggi è stato portato davanti alla giustizia. Niente garantisce che il pacchetto da 20 milioni di euro appena annunciato non verrà utilizzato per nuove “operazioni SIRLI”.

Riteniamo potenzialmente problematica anche la classificazione di alcuni materiali descritti nel pacchetto di assistenza come "non letali", poiché l’uso di dispositivi di identificazione e sorveglianza da parte di un apparato statale che opera al di fuori di ogni criterio di legalità e proporzionalità alimenta la repressione interna ed espone civili e dissidenti a gravi violazioni dei diritti umani. Anche per quanto concerne i veicoli leggeri di terra, esiste una documentazione sull’uso di blindati in gravi episodi di repressione di proteste pacifiche, tra cui ricordiamo il massacro di Maspero, che dimostra la fallacia della distinzione tra armi letali e non-letali.

Le Forze armate egiziane restano oggi il principale ostacolo al funzionamento delle istituzioni democratiche, alla libertà della sfera civica, e alla ripresa dell’economia nazionale per via della loro ingerenza predatoria in ciascuna di queste dimensioni. L’erogazione di aiuti militari per un valore di 20 milioni di euro contribuisce direttamente a perpetuare l’impunità, l’autoritarismo, e le violazioni dei diritti di persone migranti e civili in aree di conflitto in Egitto. E solleva il dubbiograve quanto plausibile che rappresenti un ennesimo premio con cui l’UE ricompensa le forze armate egiziane per il loro ruolo di cani da guardia nel processo di esternalizzazione delle frontiere europee..

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